Design è una parola inglese, volendo semplificare si può tradurre con la parola italiana progetto. Progettare deriva dal latino, e significa gettare avanti, quindi potremmo dire che il design è avere consapevolezza del presente e immaginare un futuro in cui realizzare le proprie idee. Il Design è una disciplina in parte tecnica e scientifica, in parte sociologica e umanistica, è anello di congiunzione tra ingegneria e arte, tra invenzione e stile, tra produzione e mercato.

Esistono numerose forme di design. Per fare solo qualche piccolo esempio: il design industriale progetta oggetti di consumo, il web design progetta siti e applicazioni internet, l’interior design progetta luoghi e spazi, l’interaction design progetta relazioni tra persone e oggetti (o sistemi, come nel caso dei sistemi digitali), il graphic design progetta la comunicazione visuale. Potrei proseguire a lungo con una lista quasi infinita di varianti e di sottoinsiemi tipologici, perché il design è prima di tutto un approccio alla soluzione dei problemi, piuttosto che una disciplina codificata. Poi c’è la percezione della gente, e la persona comune confonde troppo spesso il design con alcune conseguenze del design stesso: come l’invenzione e lo stile.

Parlando di industrial design, un oggetto con una soluzione tecnica innovativa può essere ben ingegnerizzato, un oggetto stilisticamente affascinante può essere artisticamente interessante, e un oggetto insieme innovativo e bello può essere molto accattivante, ma tutti questi oggetti potrebbero non essere oggetti di design. Tutte queste caratteristiche appena elencate sono una possibile conseguenza di un processo orientato al design, ma non sono il processo stesso, non sono di per se le prove definitive per poter affermare che si tratta di design. Un oggetto di vero design nasce da ricerche approfondite sui materiali, sui processi industriali, sul mercato, sulle interazioni con l’utente, sulle innovazioni tecniche e tecnologiche, sulle modalità di produzione, stoccaggio, trasporto, vendita, utilizzo e fine vita del prodotto, nasce dalla maniacale attenzione al dettaglio, alla semplificazione, nasce dalla sensibilità nei confronti dell’esperienza di acquisto, della storia e delle emozioni che forme e materiali dell’oggetto possono stimolare.

Più in generale, fare design significa avere uno sguardo attento a tutto il complesso mondo che ruota intorno alla realizzazione dell’idea, e il designer è il professionista che accompagna l’idea in tutte le sue fasi evolutive, coordinando tutte le altre professionalità necessarie per realizzare l’idea stessa con efficacia.

Nella quotidianità spiegare cos’è il Design è sempre più difficile, soprattutto in Italia. La parola Design è ovunque, “prezzemolina” di ogni campagna di marketing. La parola Design è entrata a far parte del lessico quotidiano di tutti, perdendo il suo significato originario di Progetto, trasformandosi in una definizione che mette assieme principalmente tre caratteristiche: carino, moderno, tecnologico.

Noi Designer questa cosa proprio non la sopportiamo… Ci abbiamo messo un sacco di anni per imporre l’importanza del nostro ruolo nella società, nell’industria e nell’economia, ed ecco come veniamo ricompensati, noi che ci immaginavamo trasfigurati in spiriti salvatori del consumismo moderno ci ritroviamo paragonati banalmente ad artisti o inventori, senza che nessuno tra la gente comune abbia la più pallida idea di cosa significhi veramente essere un Designer e fare Design.

Come mai si è consolidato questo fraintendimento tra la collettività e i professionisti del progetto? È colpa delle aziende e degli uffici marketing che sfruttano il Design per fregare la gente? È colpa della gente che non ha cultura e si fa abbindolare troppo facilmente? Sicuramente, ma solo parzialmente. È colpa dei Designer, che non si sono raccontati sufficientemente bene, che hanno investito troppo poco nel domani e troppo nell’oggi, ed è colpa delle imprese che sono rimaste troppo spesso abbarbicate con ottusa tenacia in posizioni autoreferenziali.

Come si può fare, adesso, per recuperare il valore profondo delle parole Design e Designer? Difficile a dirsi. Qualcuno, con il dono del fare, cerca di fuggire da questa palude entrando a far parte del popolo dei Makers, altri, con il dono del raccontare, si elevano al rango d’artisti. Vie di fuga sacrosante, condivisibili. Il problema però resta.

Design, Designer: dobbiamo trovare altre parole per descriverci oppure siamo ancora in tempo per salvarle? Non abbiamo fatto un granché per risolvere questo problema, ma per fortuna la crisi ci è venuta in aiuto. Dal consumismo compulsivo stiamo passando (speriamo inesorabilmente) al consumismo consapevole, e qualcosa nell’atteggiamento all’acquisto, lentamente, sta cambiando.

Il Design, in fondo, è proprio questo: consapevolezza. Il Design è una pratica necessaria per dare vita a qualcosa di buono, indipendentemente dal settore di applicazione. Il Designer è il professionista che conosce i processi necessari per raggiungere questo obiettivo. Nel Design, come in altri mondi, ci sono molteplici sfumature, ma l’essenza è questa: fare qualcosa di buono, veramente buono, da mettere a disposizione del mercato.

Se mi chiedessero cos’è per me la Recitazione direi che è cinema, è teatro, è il mimo per strada, è la mia cuginetta che scandisce la poesia di Natale. Ma è anche scenografia, sceneggiatura, costumi, è sentimento e volgarità, è poesia, è banalità. Anche l’Arte, in fondo, non esisterebbe senza i laboratori artigiani, le gallerie, i mercanti, i musei, è fatta di poveri appassionati e di ricchi sfondati con la puzza sotto il naso.

Dobbiamo abituarci all’idea che anche il Design è multiforme come tutte le altre forme d’espressione. Non c’è una regola semplice e infallibile per definire cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è Design e cosa non lo è.

Noi Designer dobbiamo solamente essere più consapevoli, più attenti, meno superficiali, meno supponenti e più visionari.

Abituiamoci all’idea che il Design è fatto di persone e oggetti, di luoghi fisici e pensieri intangibili, di anima e carne, di emozioni e merda.